Il Pianista

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Ci capita spesso di vedere che tutte le cose non funzionano, che siamo sfortunati, che nessuno ascolta la nostra musica; dovremmo ascoltare quella de Il Pianista.

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Film biografico, drammatico e storico del 2002, prodotto in Europa della durata di 150 minuti; il regista è Roman Polanski che sceglie come protagonista Adrien Brody (Wladyslaw Szpilman).

Premiato agli Oscar per Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista e Miglior Sceneggiatura non originale.

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Siamo a Varsavia nella metà del 1939 e c’è il pianista Wladyslaw che sta eseguendo Chopin alla radio nella quale lavora. Ci sono esplosioni, ma lui continua sino a che una frantuma la parete, cosicché fugge insieme agli altri.

La Polonia è stata attaccata dalla Germania, e si è all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.

Al ritorno a casa vede che tutta la sua famiglia ove ci sono genitori, fratello e sorelle, è illesa. Ascoltano alla radio la dichiarazione di guerra della Francia e dell’Inghilterra in loro difesa, e nonostante siano tutti rinfrancati e ottimisti, Varsavia sarà occupata in pochi giorni ed inizieranno le restrizioni soprattutto contro gli ebrei, quindi a danno della loro famiglia.

Tutti coloro che sono ebrei dovranno portare una fascia sul braccio con la stella ed avere il permesso per fare qualsiasi cosa, e questi permessi saranno richiesti e autorizzati da coloro che li hanno invasi: i nazionalsocialisti tedeschi.

Senza più lavoro, Wladyslaw vende il pianoforte, e la sua famiglia con la quale convive, da borghese, in pochi giorni diviene nullatenente, poiché viene costretta a trasferirsi nel Ghetto.

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Quando l’impossibilità s’intravede in lontananza apparendo più che mai concreta, e non ci si vuol stare.

Nei primi minuti di quest’opera eccellente, è questo quel che appare nei volti dei tanti ebrei che stanno vivendo l’inizio della catastrofe che si abbatterà soprattutto contro di loro.

Ci sono bombe, attacchi in corso, ma il protagonista mostra momentanei tenui sorrisi perché vede quella donna che è affascinata dal suo talento musicale, dalla sua arte.

In questo film si assapora l’amara sensazione del dramma che crescerà speditamente, e da grande fastidio, tutto d’un tratto diverrà pericolo, e in men che non si dica obbligo, dopodiché strage.

Sono molti i metodi di uccisioni che ci hanno raccontato, ma tra le immagini che ci rappresentano nel lungometraggio me ne è rimasta inesorabilmente nei pensieri quella in cui un comandante nazista, dalla fila ordinata, chiede ad alcuni di fare un passo avanti, poi sdraiarsi pancia sotto, e…
Avverrà poi un orribile atto, e la cosa peggiore è che potrebbe essere visto addirittura come un atto clemente rispetto a quel che avrebbero potuto subire in seguito.

Per la correzione, la crescita e l’equilibrio sociale, bisogna vivere da spettatori le atrocità della storia, poiché vedendole ci possiamo rendere conto che la peggio non c’è mai fine.

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