Il Buco

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Quand’ero incastrato come tutti dentro casa durante il lockdown, ho ritenuto giusto vedere un film che già di per se, ha nell’immagine della locandina e nel nome, quel qualcosa che ti incarcera ne Il Buco.

Il Buco è un film thriller, horror/splatter VM18, della durata di 94 minuti, prodotto in Spagna nel 2019 e distribuito da Netflix, regia di Galder Gatzelu-Urrutia, ed ha come protagonista Ivan Massaguè (Goreng), contornato da altri tra i quali quelli più importanti sono Eorion Eguileor (Trimagasi) e Antonia San Juan(Imaguiri).

Ha vinto il Toronto International Film Festival e vari premi tra i quali il Premio Goya.

Lo schermo all’inizio ci offe un elegante e minuzioso chef che rigorosamente coordina un’immensa quantità di personale, tutti lindi e assoggettati dal potere invisibile di questo personaggio.

Dopodiché compare Goreng che si sveglia in una grande sala bianca di un edificio altissimo, e vede che dalla parte opposta della stessa, c’è un signore più grande di età, seduto su di un letto. Si orizzonta e comprende che la struttura è composta dalla sala senza finestre che ha un lavandino, degli asciugamani ed un solo gabinetto, con un buco al centro della sala che, guardandovi dentro, si vedono gli altri livelli identici con all’interno sempre e solo due persone.

Goreng è un volontario di una sperimentazione ed ha deciso di entrarvi e rimanervi sei mesi, per ricevere in cambio l’attestato di permanenza. Lui sapeva solo di poter entrare con un oggetto a scelta in questo posto, ma di cosa avrebbe trovato o com’era fatto, non sapeva assolutamente nulla.

Prova a fare qualche domanda al compagno di livello Trimagasi, e lui gli risponde in maniera fredda, e lo fa perché è ovvio. Trimagasi gli dice, a mo’ di macchina, che non gli parleranno quelli sopra, ma solo e non con certezza quelli sotto, e che ogni informazione che lui darà, lo farà solo se prima Goreng gliene offrirà un’altra.

Compare una luce verde su una parete, e ne La Fossa, quindi il buco tra un livello e l’altro, scende una piattaforma con alimenti, e Goreng vede il compagno fiondarsi per accaparrare più cibo possibile. Lo vede mangiare come un animale. La piattaforma passa dall’alto verso il basso, e più sei in basso meno trovi, negli ultimi non si trova nulla. Ogni mese, al loro risveglio, i prigionieri si trovano ad un livello diverso, e forse non con lo stesso compagno.

Goreng vuole capire.

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Atrocemente costretto a vedere. Mi sono sentito ingabbiato nello scoprire il perché di questo film che è VM18, non per del che puoi pensare.

Di fattura spagnola, c’è sempre qualche riferimento politico che dislivella le persone in vari ranghi, con il potere che viene dall’alto, e i poveri che ringhiano animaleschi dal basso, ma verso l’alto.

Il Buco è una macchina che con gli oggetti, rappresenta l’introspezione di chiunque lo vede, calcolando le emozioni che da calme e posate, divengono attive e squilibrate, e più passa il tempo, più vuoi non vederlo, meno riesci a disfartene.

È ovvio.

Voglio nuovamente avvisarti che è uno splatter, ma forse poco pupl… o anche si?

Perso nell’immensità della ristrettezza della visione, in realtà pensavo che riassumere l’inizio di questo film sarebbe stato breve, facile, e invece mentre la scrivevo mi sono accorto che ho ti riferito solo qualcosa, ma tra le poche cose, ancora ne mancano tante, e devi vederla, devi sapere. Immagina che chiunque troverà il perché deve farlo, e tu non dico che puoi, ma devi saperlo. L’imperativo è d’obbligo in ogni carcere, perché nello stesso sei punito. E tu credi in Dio?

Ricorda che ci son materie che possono essere lontanamente e illegalmente paragonate alle emozioni che ci compongono.

Nel film, pieno ai miei occhi di aforismi sporchi, posso dirti solo una cosa:

La merda è più efficace della solidarietà spontanea.

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